[doc. web n. 1109493] [ doc. web n. 1121107] [v. anche Comunicato stampa] "Etichette intelligenti" (Rfid): il Garante individua le garanzie per il loro uso - 9 marzo 2005 IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Nella
riunione odierna, in presenza del prof. Stefano Rodotà, presidente, del
prof. Giuseppe Santaniello vice-presidente, del prof. Gaetano Rasi e
del dott. Mauro Paissan, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli,
segretario generale; VISTI gli articoli 3, 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; VISTO il Codice in materia di tutela dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196); RITENUTA
la necessità di prescrivere alcune misure al fine di rendere il
trattamento dei dati personali nell'ambito dei sistemi di Radio Frequency Identification conforme alle disposizioni vigenti, anche in relazione al principio di dignità della persona (art.
1 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; artt. 2 e 154,
comma 1, lett. c), del Codice in materia di protezione dei dati
personali); VISTI
i commenti e le osservazioni pervenuti a seguito della consultazione
pubblica indetta da questa Autorità riguardo alle tecniche di Radio Frequency Identification; VISTI gli atti d'ufficio e le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento n. 1/2000; RELATORE il prof. Stefano Rodotà; PREMESSO La Radio Frequency Identification ("RFID") si diffonde rapidamente in numerosi settori. L'utilizzo
di tale tecnologia può risultare utile, ad esempio, per garantire una
migliore gestione dei prodotti aziendali, per incrementare la rapidità
di operazioni commerciali anche a vantaggio dei consumatori, per
rintracciare l'origine di prodotti particolarmente delicati, per
controllare accessi a luoghi riservati e per altri usi nei luoghi di
lavoro. Tuttavia, determinati impieghi della RFID
possono costituire una violazione del diritto alla protezione dei dati
personali (art. 1 del Codice) ed avere serie ripercussioni
sull'integrità e la dignità della persona, anche perché, per le ridotte
dimensioni e l'ubicazione delle cd. "etichette intelligenti" e dei
relativi lettori, il trattamento dei dati personali attraverso la RFID può essere effettuato all'insaputa dell'interessato. In particolare, come rilevato anche dal Gruppo dei garanti europei (documento
di lavoro adottato il 19 gennaio 2005 dal Gruppo costituito ai sensi
dell'art. 29 della direttiva n. 95/46/CE, in http://europa.eu.int/...), l'impiego di tecniche di RFID,
da parte sia di soggetti privati, sia di soggetti pubblici, può
determinare forme di controllo sulle persone, limitandone le libertà.
Attraverso l'impiego della RFID, potrebbero, ad esempio,
raccogliersi innumerevoli dati sulle abitudini dell'interessato a fini
di profilazione, tracciare i percorsi effettuati da quest'ultimo o
verificare prodotti (vestiti, accessori, medicine, prodotti di valore)
dallo stesso indossati o trasportati. In alcune ipotesi, l'impiego della RFID
può essere finalizzato esclusivamente al tracciamento di prodotti, per
garantire una maggiore efficienza nel processo di produzione
industriale. In particolare, ove tali sistemi siano impiegati da
produttori o distributori solo all'interno di una catena di
distribuzione, l'informazione contenuta su ciascuna etichetta del
prodotto può costituire un dato personale (di per sé sola, o per effetto
della connessione con ulteriori informazioni quali stato di
conservazione, stabilimento di produzione, sussistenza di difetti,
appartenenza a partite avariate, ecc.) relativo ai soli produttori o
distributori. Questo
tipo di trattamento di dati non pone particolari problemi di liceità e
sotto il profilo della tutela dei soggetti interessati. In altri casi, invece, l'utilizzo dei sistemi di RFID può comportare il trattamento di dati personali relativi a terzi, persone fisiche o giuridiche, enti o associazioni (art. 4, comma 1, lett. a) e b) del Codice). Infatti,
le "etichette" potrebbero contenere esse stesse dati personali, o
essere impiegate in modo tale da rendere comunque identificabili gli
interessati attraverso il raffronto con altre informazioni. I
sistemi informativi cui esse sono collegate possono permettere,
altresì, di individuare la posizione geografica di chi detiene
l'etichetta o l'oggetto su cui essa è apposta, con considerevoli
ripercussioni sulla libertà di circolazione delle persone. La RFID può essere inoltre adoperata nelle tecniche di impianto di microchip
sottocutaneo, anche su individui: l'inserimento di microprocessori
sottopelle, per l'evidente delicatezza delle implicazioni che ne
derivano sui diritti delle persone, rende quindi necessaria la
predisposizione di particolari cautele. Ulteriori pericoli per gli interessati possono altresì derivare -specie, in prospettiva, con l'adozione di standard
comuni- dalla possibilità che terzi non autorizzati "leggano" i
contenuti delle etichette o intervengano sugli stessi (mediante, ad
esempio, "riscrittura"). Ciò, tenendo anche conto che lo sviluppo
tecnologico può comportare un aumento della potenza dei sistemi di RFID,
rendendo possibile una "lettura" delle etichette a distanze sempre
maggiori; parallelamente, il progressivo contenimento dei costi di
produzione dei dispositivi in questione agevola la crescita dell'impiego
di tali tecniche di identificazione. Infine, i rischi per la vita privata dei cittadini possono accrescersi nel caso di un'integrazione della RFID con infrastrutture di rete (telefonia, Internet, ecc.). È quindi necessario che l'implementazione e l'utilizzo della RFID,
ove si configuri un trattamento di dati personali, avvenga nel rispetto
dei principi dettati dal Codice e, in particolare, delle libertà, dei
diritti fondamentali e della dignità degli interessati (art. 2, comma 1, del Codice). Il
Garante, a garanzia degli interessati e in conformità a quanto previsto
dal Codice, prescrive pertanto alcune prime misure che devono essere
approntate da parte di coloro che, a diverso titolo, si avvalgano di
tecniche fondate sulla RFID; ciò, anche al fine di consentire ad
operatori e produttori di predisporre dispositivi offerti alla
conformità alla normativa in materia di tutela dei dati personali. Tali prescrizioni si applicano ai casi in cui, per effetto dell'impiego di sistemi RFID, si trattino dati personali relativi a terzi identificati o identificabili (art. 4, comma 1, lett. b) del Codice); non operano invece nei casi -che non pongono particolari problemi sul piano della protezione dei dati- in cui la RFID
non comporti il predetto trattamento e sia utilizzata, ad esempio, in
una catena di distribuzione aziendale al solo fine di garantire una
maggiore efficienza del processo di produzione. L'Autorità
si riserva peraltro di impartire ulteriori prescrizioni che potrebbero
rendersi necessarie in relazione a specifici trattamenti di dati
personali effettuati mediante RFID, anche in vista dell'evoluzione rapida e costante che contraddistingue questa tematica. Principi generali L'utilizzo della RFID può
comportare condizionamenti e vincoli per gli interessati. Si rende
pertanto necessario assicurare il rigoroso rispetto di tutti i principi
dettati dal Codice, tra i quali, vanno qui richiamati, in particolare: • Principio di necessità (art. 3 del Codice) I sistemi di RFID
devono essere configurati in modo tale da evitare l'utilizzazione di
dati personali oppure, a seconda dei casi, l'identificabilità degli
interessati, quando non siano strettamente necessarie in relazione alla
finalità perseguita. Tale
valutazione deve essere condotta tenendo presente che nella maggior
parte degli impieghi, ad esempio nella catena di distribuzione di
prodotti, non è necessario trattare dati personali relativi a terzi. • Liceità (art. 11, comma 1, lett. a), del Codice) Il
trattamento mediante RFID è lecito solo se si fonda su uno dei
presupposti che il Codice prevede, rispettivamente, per i soggetti
pubblici da un lato (svolgimento di funzioni istituzionali:
artt. 18-22) e, dall'altro, per soggetti privati ed enti pubblici
economici (ad es., adempimento ad un obbligo di legge, o consenso libero
ed espresso: artt. 23-27). L'utilizzo
di tali tecniche deve svolgersi anche nel rispetto di altre leggi e
regolamenti che possono di volta in volta rilevare a seconda del loro
settore di impiego. In ambito lavorativo, l'uso di tecniche RFID deve in particolare rispettare il divieto di controllo a distanza del lavoratore (art. 4 l. 20 maggio 1970, n. 300; art. 114 del Codice). • Finalità e qualità dei dati (art. 11, comma 1, lett. b), c), d) e e), del Codice) Il titolare (art. 4, comma 1, lett. f)) può trattare dati personali esclusivamente per scopi determinati, espliciti e legittimi (art. 11, comma 1, lett. b)). I
dati possono essere inoltre utilizzati soltanto in termini compatibili
con la finalità per la quale sono stati originariamente raccolti; devono
essere conservati per il tempo strettamente necessario a perseguire
tale finalità, decorso il quale devono essere cancellati o resi anonimi (art. 11, comma 1, lett. b) e e) del Codice). Il titolare deve altresì curare la pertinenza e non eccedenza, l'esattezza e l'aggiornamento dei dati personali (art. 11, comma 1, lett. c) e d) del Codice). • Proporzionalità (art. 11, comma 1, lett. d), del Codice) Il titolare deve verificare il rispetto del principio di proporzionalità in tutte le diverse fasi del trattamento. I
dati trattati e le modalità del loro trattamento, anche con riferimento
alla tipologia delle infrastrutture di rete adoperate, non devono
risultare sproporzionati rispetto agli scopi da prefissare. Non
risulta di regola giustificato il trattamento che comporti il
funzionamento delle etichette apposte su prodotti acquistati
dall'interessato anche fuori dell'esercizio commerciale, a meno che ciò
sia necessario per fornire un servizio specificamente e liberamente
richiesto dall'interessato stesso. • Informativa (art. 13 del Codice) Il
titolare del trattamento, nel fornire agli interessati la prescritta
informativa precisando anche le modalità del trattamento (art. 13 del Codice), deve indicare la presenza di etichette RFID
e specificare che, attraverso i sistemi connessi, è possibile
raccogliere dati personali senza che gli interessati si attivino al
riguardo. Analogamente, deve essere segnalata mediante informativa
l'esistenza di lettori in grado di "attivare" l'etichetta (lettori i
quali possono comunque essere posti in essere solo in quanto
strettamente necessari in rapporto alla finalità del trattamento). Chiara
evidenza deve essere data anche alle modalità per asportare o
disattivare l'etichetta, o per interrompere in altro modo il
funzionamento del sistema di RFID. L'informativa potrebbe essere altresì fornita attraverso appositi avvisi agevolmente visionabili nei luoghi in cui le tecniche RFID sono adoperate, con un formato ed un posizionamento tale da risultare chiaramente visibile. La
presenza di avvisi non esime i titolari del trattamento dall'apporre
un'idonea informativa sugli oggetti o sui prodotti recanti le "etichette
intelligenti", qualora le stesse rimangano attive dopo che è stato reso
possibile associarle con dati relativi a terzi identificati o
identificabili, in particolare al di fuori dei luoghi (ad esempio
esercizi commerciali) in cui si fa uso della RFID. • Trattamento da parte di privati: il consenso (artt. 23 e ss. del Codice) In generale, l'utilizzo di RFID che implichi un trattamento di dati personali da parte di privati può essere effettuato solo con il consenso dell'interessato (art. 23), a meno che ricorra un altro presupposto equipollente del trattamento (art. 24). In presenza di un trattamento di dati personali, il consenso, ove necessario, deve avere i requisiti previsti (art. 23 del Codice).
In particolare, esso deve essere specifico ed espresso, non rilevando a
tal fine il semplice comportamento concludente dell'interessato (art. 23, commi 1 e 3). Il consenso non è altresì valido se ottenuto sulla base di pressioni o condizionamenti sull'interessato (art. 23, comma 3).
Ove non acconsenta al trattamento, l'interessato non dovrà incorrere in
conseguenze pregiudizievoli o limitazioni che non siano diretta
conseguenza dell'impossibilità di effettuare il trattamento dei dati che
lo riguardano. Se il trattamento riguarda dati di carattere sensibile (art. 4, comma 1, lett. d)),
il consenso deve essere manifestato per iscritto e il trattamento può
essere effettuato solo previa autorizzazione del Garante (art. 26 del Codice). Anche
in presenza del consenso dell'interessato o di un altro presupposto del
trattamento, il trattamento dei dati personali mediante RFID deve comunque svolgersi nel rispetto dei menzionati principi di finalità, proporzionalità e dignità (artt. 2, comma 1, e 11, comma 1). Tutto ciò premesso, e nella consapevolezza della prevedibile diffusione della RFID
in diversi settori ed impieghi, possono sin da ora distinguersi -con
riferimento al profilo del consenso- alcuni casi specifici: a) qualora le tecniche di RFID
siano adoperate, in esercizi commerciali, nel quadro delle modalità di
pagamento (ad es. cd. carrello elettronico), e tale impiego non comporti
alcuna riconducibilità dei prodotti ad acquirenti identificati o
identificabili, non sussiste, in generale, la necessità di richiedere un
consenso, in base alla normativa sulla protezione dei dati personali,
ai clienti stessi; b) nel caso in cui le tecniche di RFID
siano associate all'utilizzo di carte di fidelizzazione della clientela
e al trattamento di dati relativi a clienti a fini di profilazione
commerciale, valgono anche i principi di protezione dei dati -con
specifico riferimento a informativa, consenso, necessità e
proporzionalità- esplicitati da questa Autorità nel provvedimento
del 24 febbraio 2005 (in www.garanteprivacy.it); c) fermo restando, come sopra rilevato, che non è di regola lecita l'installazione di etichette RFID
destinate a rimanere attive anche oltre la barriera-cassa
dell'esercizio commerciale in cui sono utilizzate, tale ipotetico
impiego, ove lecito, presuppone comunque il necessario consenso
dell'interessato, a meno che possa operare un altro presupposto
equipollente del trattamento (art. 24 del Codice); d) nei casi di impiego di RFID
per la verifica di accessi a determinati luoghi riservati devono essere
predisposte idonee cautele per i diritti e le libertà degli
interessati. In particolare, d1)
ove si intenda utilizzare tali tecniche per verificare accessi a luoghi
di lavoro, o comunque sul luogo di lavoro, va tenuto conto che lo
Statuto dei lavoratori vieta l'uso di impianti e apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori e, nel
caso in cui il loro impiego risulti necessario per altre finalità,
prescrive alcune garanzie (art. 4 l. 20 maggio 1970, n. 300; art. 114 del Codice) alle quali si affianca l'osservanza dei richiamati principi di necessità, finalità e proporzionalità del trattamento dei dati; d2) qualora la RFID
sia adoperata per controllare l'accesso occasionale di terzi a
determinati luoghi, occorre predisporre un meccanismo che, in caso di
indisponibilità dell'interessato, permetta a quest'ultimo di entrare
comunque nel luogo in questione, con eventuale adozione -e solo se
necessario- di misure di cautela rimesse alla ragionevole valutazione
del titolare.
• Esercizio dei diritti (artt. 7-10 del Codice) Il
titolare del trattamento deve agevolare l'esercizio, da parte
dell'interessato, dei diritti di cui all'art. 7 del Codice,
semplificando le modalità e riducendo i tempi per il riscontro al
richiedente (art. 10, comma 1 del Codice). Già nella fase di progettazione delle tecnologie, i produttori di sistemi RFID dovrebbero opportunamente predisporre modalità idonee a garantire agli interessati un agevole esercizio dei diritti. • Disattivazione o rimozione delle etichette All'interessato
deve essere riconosciuta la possibilità di ottenere, gratuitamente e in
maniera agevole, la rimozione o la disattivazione delle etichette RFID al momento dell'acquisto del prodotto su cui è apposta l'etichetta o al termine dell'utilizzo del dispositivo. Le
etichette devono essere posizionate in modo tale da risultare, per
quanto possibile, facilmente asportabili senza danneggiare o limitare la
funzionalità del prodotto o dell'oggetto a cui si riferiscono (ad
esempio, disponendone la collocazione sulla sola confezione). • Impianto sottocutaneo di microchip L'impianto sottocutaneo di microchip
in esseri umani solleva problematiche, particolarmente delicate, che
hanno già indotto altre autorità garanti in Europa a considerarlo
inaccettabile sul piano della protezione dei dati. Anche nei casi in cui un limitato impiego di microprocessori sottocutanei è stato permesso (ad es., negli Stati Uniti: Food and Drug Administration,
12 ottobre 2004) sono stati comunque messi in evidenza i potenziali
rischi di tali operazioni, sia per la salute dei soggetti che si
sottopongono all'impianto, sia per la sicurezza dei dati personali
trattati. Gli impianti sottocutanei di microchip
devono ritenersi in via di principio esclusi, in quanto contrastanti,
con riferimento alla protezione dei dati, con il principio di dignità (art. 2 del Codice),
ferme restando le altre norme dell'ordinamento a garanzia
dell'integrità fisica e dell'inviolabilità della dignità della persona,
contenute anche nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
(artt. 1 e 3). Fatte salve le previsioni della normativa sulla protezione dei dati e le prescrizioni del presente provvedimento, l'impiego di microchip
sottocutaneo può essere quindi ammesso solo in casi eccezionali, per
comprovate e giustificate esigenze a tutela della salute delle persone,
in stretta aderenza al principio di proporzionalità (art. 11 del Codice), e nel rigoroso rispetto della dignità dell'interessato (art. 2, comma 1). L'interessato dovrebbe poter essere in grado di ottenere di regola, in qualunque momento e senza oneri, la rimozione del microchip e l'interruzione del relativo trattamento dei dati che lo riguardano. I
titolari del trattamento devono inoltre predisporre modalità di
impianto e di impiego delle etichette sottocutanee tali da garantire la
riservatezza circa la presenza delle stesse etichette nel corpo
dell'interessato. I trattamenti di dati sensibili, oltre che effettuati nell'osservanza dei presupposti e dei limiti stabiliti dal Codice (artt. 22 e 2; Parte II, Titolo V del Codice), devono essere, ove prescritto (artt. 26 e 76), preventivamente autorizzati dal Garante. Il
Garante si riserva di prescrivere ai titolari del trattamento, ai sensi
dell'art. 17 del Codice, di sottoporre alla verifica preliminare di
questa Autorità (anche con eventuali provvedimenti di carattere
generale) i sistemi di RFID destinati all'impianto sottocutaneo
che, in quanto tali, presentano rischi specifici per i diritti, le
libertà fondamentali e la dignità degli interessati. • Ulteriori prescrizioni Restano,
fermi, in aggiunta alla prescrizioni del presente provvedimento, gli
obblighi che il Codice detta ai titolari del trattamento. Ci si riferisce, in particolare: a) all'obbligo di notificazione al Garante dei trattamenti concernenti dati che indicano la posizione geografica di persone od oggetti mediante una rete di comunicazione elettronica (art. 37, comma 1, lett. a)) effettuati
con l'ausilio di strumenti elettronici volti a definire il profilo o la
personalità dell'interessato, o ad analizzarne abitudini e scelte in
ordine ai prodotti acquistati (artt. 37, comma 1, lett. d));
b) agli obblighi relativi alle misure di sicurezza (artt. 31-36 e Allegato B) del Codice),
affinché siano ridotti al minimo i rischi di distruzione o perdita
anche accidentale dei dati personali, di accesso non autorizzato o di
trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta; c)
alla selezione dei soggetti che, in qualità di incaricati o
responsabili del trattamento, sono autorizzati a compiere operazioni di
trattamento sulla base dei compiti assegnati e delle istruzioni
impartite (artt. 29 e 30 del Codice).
TUTTO CIÓ PREMESSO IL GARANTE: ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c) del Codice, prescrive ai soggetti che, a diverso titolo, effettuino trattamenti di dati personali avvalendosi della RFID,
le misure necessarie od opportune indicate nel presente provvedimento
al fine di rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti.
Roma, 9 marzo 2005
IL PRESIDENTE Rodotà IL RELATORE Rodotà IL SEGRETARIO GENERALE Buttarelli |